WilliamWILEY
William T. Wiley, 43 Years Later, Mole Toe Benny, Returns aka Wiley
05.2013–06.2013
William T. Wiley, 43 Years Later, Mole Toe Benny, Returns aka Wiley
05.2013–06.2013
Comunicato stampa
William T. Wiley
43 Years Later, Mole Toe Benny, Returns aka Wiley
Inaugurazione: 27 maggio 2013
28 maggio – 26 luglio 2013
43 Years Later, Mole Toe Benny, Returns aka Wiley
Inaugurazione: 27 maggio 2013
28 maggio – 26 luglio 2013
La Fondazione Marconi è lieta di presentare una mostra dell’artista americano William T. Wiley con opere della fine degli anni Sessanta e di questi ultimi anni.
Allestita sui due piani dello spazio espositivo, la mostra – come rivela il titolo stesso – segue a distanza di 43 anni la prima personale di W.T. Wiley tenutasi nel 1971 a Milano presso lo Studio Marconi.
Talento precoce, Wiley inizia la sua attività con una personale al San Francisco Museum of Art ancor prima di conseguire il diploma alla California School of Fine Art (poi San Francisco Art Institute) nel 1961.
È il periodo in cui domina nel mondo dell’arte l’espressionismo astratto dal quale l’artista viene inizialmente influenzato per poi tracciare la sua strada con uno stile del tutto originale.
Sin dall’inizio della sua carriera, le opere di Wiley figurano nelle collezioni permanenti di musei come il Los Angeles County Museum of Art, il Museum of Modern Art e il Whitney Museum of American Art di New York, lo Smithsonian American Art Museum di Washington, il Museum of Modern Art di San Francisco, il Museum of the Art Institute di Chicago, il Van Abbemuseum di Eindhoven.
La sua opera contribuisce inizialmente alla nascita della Funk Art californiana, che esordisce nel 1967 con la mostra curata da Peter Selz allo University Art Museum di Berkley.
Allestita sui due piani dello spazio espositivo, la mostra – come rivela il titolo stesso – segue a distanza di 43 anni la prima personale di W.T. Wiley tenutasi nel 1971 a Milano presso lo Studio Marconi.
Talento precoce, Wiley inizia la sua attività con una personale al San Francisco Museum of Art ancor prima di conseguire il diploma alla California School of Fine Art (poi San Francisco Art Institute) nel 1961.
È il periodo in cui domina nel mondo dell’arte l’espressionismo astratto dal quale l’artista viene inizialmente influenzato per poi tracciare la sua strada con uno stile del tutto originale.
Sin dall’inizio della sua carriera, le opere di Wiley figurano nelle collezioni permanenti di musei come il Los Angeles County Museum of Art, il Museum of Modern Art e il Whitney Museum of American Art di New York, lo Smithsonian American Art Museum di Washington, il Museum of Modern Art di San Francisco, il Museum of the Art Institute di Chicago, il Van Abbemuseum di Eindhoven.
La sua opera contribuisce inizialmente alla nascita della Funk Art californiana, che esordisce nel 1967 con la mostra curata da Peter Selz allo University Art Museum di Berkley.
Tuttavia, la produzione di Wiley mostra nel tempo una vena di lirismo e un’eleganza stilistica che va oltre la spavalda provocatorietà del funk.
Insieme all’ironia, uno sguardo più approfondito all’opera dell’artista rivela una coscienza sensibile ad argomenti di attualità come ad esempio il riscaldamento globale.
Per quanto spontanea e improvvisata possa apparire la sua arte irriverente, Wiley è sempre profondamente coinvolto nel messaggio di ogni sua opera, spesso celato nei giochi di parole, nei doppi sensi, e abbinato a citazioni culturali.
La costante che percorre tutta la sua opera e che gli ha procurato negli anni la meritata ammirazione internazionale è l’utilizzo della tecnica dell’acquarello che gli permette di abbinare tinte luminose a un tratto nero, sottile e dettagliato.
Al primo piano dello spazio espositivo sono presentati i lavori della fine degli anni Sessanta tra cui figurano oltre agli acquarelli, installazioni, assemblaggi (Blind Project, 1969, You May Call the Shots, 1971, Sham Man Bag, 1971) e tele (Sea Markman’s Ship, 1971, Test Pattern, 1971).
Al secondo, invece, sono esposte le esperienze artistiche più recenti come gli importanti dipinti raffiguranti intricati paesaggi astratti (Lament for the Garment Workers of Bangladesh, 2012) e gli acquarelli realizzati tra il 2009 e il 2012.
La mostra sarà accompagnata dal Quaderno della Fondazione Marconi n. 10 che rappresenta entrambi i periodi artistici e proseguirà allo Studio Marconi ’65 di via Tadino 17 con l’esposizione di alcune grafiche e acquarelli realizzati dall’artista.
Insieme all’ironia, uno sguardo più approfondito all’opera dell’artista rivela una coscienza sensibile ad argomenti di attualità come ad esempio il riscaldamento globale.
Per quanto spontanea e improvvisata possa apparire la sua arte irriverente, Wiley è sempre profondamente coinvolto nel messaggio di ogni sua opera, spesso celato nei giochi di parole, nei doppi sensi, e abbinato a citazioni culturali.
La costante che percorre tutta la sua opera e che gli ha procurato negli anni la meritata ammirazione internazionale è l’utilizzo della tecnica dell’acquarello che gli permette di abbinare tinte luminose a un tratto nero, sottile e dettagliato.
Al primo piano dello spazio espositivo sono presentati i lavori della fine degli anni Sessanta tra cui figurano oltre agli acquarelli, installazioni, assemblaggi (Blind Project, 1969, You May Call the Shots, 1971, Sham Man Bag, 1971) e tele (Sea Markman’s Ship, 1971, Test Pattern, 1971).
Al secondo, invece, sono esposte le esperienze artistiche più recenti come gli importanti dipinti raffiguranti intricati paesaggi astratti (Lament for the Garment Workers of Bangladesh, 2012) e gli acquarelli realizzati tra il 2009 e il 2012.
La mostra sarà accompagnata dal Quaderno della Fondazione Marconi n. 10 che rappresenta entrambi i periodi artistici e proseguirà allo Studio Marconi ’65 di via Tadino 17 con l’esposizione di alcune grafiche e acquarelli realizzati dall’artista.