UgoMULAS
UGO MULAS. Ugo Mulas in città. A cura di Alberto Salvadori
10.2024–12.2024
UGO MULAS. Ugo Mulas in città. A cura di Alberto Salvadori
10.2024–12.2024
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Ugo Mulas in città, Curated by Alebrto Salvadori, 10.10.-20.12.2024, Fondazione Marconi, Milano, Ph. Fabio Mantegna
Comunicato stampa
Fondazione Marconi è lieta di annunciare la sua partecipazione all’iniziativa diffusa “Ugo Mulas in città”, in concomitanza con la grande mostra “Ugo Mulas. L’operazione fotografica”, promossa da Comune di Milano-Cultura e prodotta da Palazzo Reale e Marsilio Arte in collaborazione con l’Archivio Ugo Mulas, con il sostegno di Deloitte e il patrocinio di Fondazione Deloitte. Curata da Denis Curti, Direttore de Le Stanze della Fotografia a Venezia, e Alberto Salvadori, Direttore dell’Archivio Ugo Mulas, l’esposizione rappresenta una delle più ampie e dettagliate retrospettive dedicate a uno dei maggiori artisti milanesi, nato nel 1928 e scomparso nel 1973.
Una rilettura complessiva dell’opera del grande fotografo, cui la città di Milano dedica uno straordinario omaggio, in corso fino al 2 febbraio nelle sale di Palazzo Reale.
“Ugo Mulas in città”, un’iniziativa promossa da Marsilio Arte e dal Comune di Milano, nasce con l’intento di raccontare e celebrare le istituzioni e i luoghi particolarmente significativi per la produzione e il lavoro di Ugo Mulas, evidenziando l’intimo rapporto tra il fotografo e Milano.
Oltre a Fondazione Marconi, Pinacoteca di Brera, Palazzo Citterio, Museo del Novecento, Palazzo Morando | Costume Moda Immagine e Museo Poldi Pezzoli e, più avanti Palazzo Citterio, partecipano a questa mostra diffusa, esponendo alcuni scatti di Ugo Mulas, ricostruendo così un itinerario intellettuale che intreccia il percorso biografico e artistico del fotografo con il contetso storico-culturale di Milano.
Presso la sede della Fondazione Marconi è esposta una parte del reportage realizzato da Ugo Mulas a New York nel 1965, nello studio di Louise Nevelson. La mostra comprende anche alcune fotografie inedite, offrendo uno sguardo unico sul lavoro del fotografo e sul suo incontro con la celebre artista.
Il 1964 è l’anno della Biennale che consacra a livello internazionale l’arte americana e in particolare il gruppo degli artisti della Pop art, con il premio a Robert Rauschenberg.
Ugo Mulas come molti altri rimane folgorato da questo incontro, con un nuovo modo di pensare e fare arte e stabilisce fin da subito una forte intesa con gli artisti, con Alan Solomon e Leo Castelli. Nello stesso anno decide di partire per New York e inizia un progetto, oramai leggendario, che confluirà nella mostra e nel libro New York Arte e Persone.
La complicità, la prorompente energia della città e dei suoi protagonisti, il divenire e l’affermarsi di una nuova scena dell’arte, lo travolge e trascorre tre mesi tra gli studi degli artisti, le case dei collezionisti, le amicizie, che nascono e si rafforzano, come quella con Jasper Jhons, Larry Poons, Robert Rauschenberg, Claes Oldenburg. Il tempo scorre veloce e, poco dopo il rientro in Italia, progetta il nuovo viaggio per l’anno successivo il 1965. Durante questo soggiorno fotografa Louise Nevelson, la sua casa il suo studio. Prende vita così uno straordinario reportage. Mulas, nonostante non parlasse bene inglese, si sente a proprio agio con l’artista e documenta il suo esistere, la sua immagine, l’agire nel suo ambiente domestico, la mitopoiesi che ne scaturisce, la sua ieraticità.
Mulas in queste immagini presenta la novità fenomenologica e ideale della sua fotografia che non deve documentare il lavoro ma definire, leggendolo per restituirci, il personaggio che costruisce l’opera. In un contesto come questo l’atto, la scelta, il gesto, sono determinanti. La fotografia diviene il sistema in grado di estrapolare il fluire del reale, andando a costituire l’oggetto medesimo del suo dialogo.
Per questo motivo la presenza qui di tre opere di Nevelson, in alternanza e dialogo con le immagini di Mulas, rafforzano tale processo e progetto fotografico, mostrandoci luoghi intimi della casa come il laboratorio dell’artista, parti del suo archivio di oggetti, fondamentali per gli assemblaggi delle opere, e alcuni ritratti a testimonianza di una personalità unica e irraggiungibile.
Una rilettura complessiva dell’opera del grande fotografo, cui la città di Milano dedica uno straordinario omaggio, in corso fino al 2 febbraio nelle sale di Palazzo Reale.
“Ugo Mulas in città”, un’iniziativa promossa da Marsilio Arte e dal Comune di Milano, nasce con l’intento di raccontare e celebrare le istituzioni e i luoghi particolarmente significativi per la produzione e il lavoro di Ugo Mulas, evidenziando l’intimo rapporto tra il fotografo e Milano.
Oltre a Fondazione Marconi, Pinacoteca di Brera, Palazzo Citterio, Museo del Novecento, Palazzo Morando | Costume Moda Immagine e Museo Poldi Pezzoli e, più avanti Palazzo Citterio, partecipano a questa mostra diffusa, esponendo alcuni scatti di Ugo Mulas, ricostruendo così un itinerario intellettuale che intreccia il percorso biografico e artistico del fotografo con il contetso storico-culturale di Milano.
Presso la sede della Fondazione Marconi è esposta una parte del reportage realizzato da Ugo Mulas a New York nel 1965, nello studio di Louise Nevelson. La mostra comprende anche alcune fotografie inedite, offrendo uno sguardo unico sul lavoro del fotografo e sul suo incontro con la celebre artista.
Il 1964 è l’anno della Biennale che consacra a livello internazionale l’arte americana e in particolare il gruppo degli artisti della Pop art, con il premio a Robert Rauschenberg.
Ugo Mulas come molti altri rimane folgorato da questo incontro, con un nuovo modo di pensare e fare arte e stabilisce fin da subito una forte intesa con gli artisti, con Alan Solomon e Leo Castelli. Nello stesso anno decide di partire per New York e inizia un progetto, oramai leggendario, che confluirà nella mostra e nel libro New York Arte e Persone.
La complicità, la prorompente energia della città e dei suoi protagonisti, il divenire e l’affermarsi di una nuova scena dell’arte, lo travolge e trascorre tre mesi tra gli studi degli artisti, le case dei collezionisti, le amicizie, che nascono e si rafforzano, come quella con Jasper Jhons, Larry Poons, Robert Rauschenberg, Claes Oldenburg. Il tempo scorre veloce e, poco dopo il rientro in Italia, progetta il nuovo viaggio per l’anno successivo il 1965. Durante questo soggiorno fotografa Louise Nevelson, la sua casa il suo studio. Prende vita così uno straordinario reportage. Mulas, nonostante non parlasse bene inglese, si sente a proprio agio con l’artista e documenta il suo esistere, la sua immagine, l’agire nel suo ambiente domestico, la mitopoiesi che ne scaturisce, la sua ieraticità.
Mulas in queste immagini presenta la novità fenomenologica e ideale della sua fotografia che non deve documentare il lavoro ma definire, leggendolo per restituirci, il personaggio che costruisce l’opera. In un contesto come questo l’atto, la scelta, il gesto, sono determinanti. La fotografia diviene il sistema in grado di estrapolare il fluire del reale, andando a costituire l’oggetto medesimo del suo dialogo.
Per questo motivo la presenza qui di tre opere di Nevelson, in alternanza e dialogo con le immagini di Mulas, rafforzano tale processo e progetto fotografico, mostrandoci luoghi intimi della casa come il laboratorio dell’artista, parti del suo archivio di oggetti, fondamentali per gli assemblaggi delle opere, e alcuni ritratti a testimonianza di una personalità unica e irraggiungibile.