Comunicato stampa
Tadini 1960-1985.
L’occhio della pittura
Inaugurazione: 30 ottobre 2007
31 ottobre – 20 dicembre 2007
L’occhio della pittura
Inaugurazione: 30 ottobre 2007
31 ottobre – 20 dicembre 2007
La Fondazione Marconi ha il piacere di annunciare la mostra di Emilio Tadini 1960-1985. L'occhio della pittura, con
opere realizzate nel decennio 1975-1985.
Il testo è protagonista di alcune delle tele esposte.
Testo è anche il titolo di un’opera; appare come segno grafico e come vero e proprio testo che, stretto tra penna e pennello e circondato da macchie di colore, svela la doppia identità dell’artista pittore e scrittore.
In queste opere, come anche in Parade, la scrittura come immagine e l’immagine vera e propria sono messe sullo stesso piano rendendo la superficie della tela luogo d’incontro tra lingue diverse, ma complementari.
Se la tela è il luogo metaforico d’incontro tra parole e immagini, L’atelier è il luogo fisico dove avviene questo fondamentale incontro, l’“abboccamento”, come può far supporre l’amo al centro della composizione.
L’atelier diventa così fucina di idee che si concretizzano in immagini e parole dove l’artista (la cui presenza è simboleggiata da un suo autoritratto come testa su un piedistallo) è quasi di stampo rinascimentale: una personalità poliedrica attiva su più fronti.
In mostra le opere dedicate ai maestri del passato, Michelangelo, La montagna Saint-Victoire, soggetto prediletto di Cézanne, tributo all’artista considerato il padre dell’arte moderna, in cui il paesaggio provenzale della montagna è rappresentato dall’angolo di una tela voltata, Le mani di Renoir, nell’instabilità del pennello e la sedia a rotelle sono forse un riferimento allo stato di salute del pittore francese durante l’ultimo periodo della sua vita, ma anche una metafora della condizione attuale della pittura.
opere realizzate nel decennio 1975-1985.
Il testo è protagonista di alcune delle tele esposte.
Testo è anche il titolo di un’opera; appare come segno grafico e come vero e proprio testo che, stretto tra penna e pennello e circondato da macchie di colore, svela la doppia identità dell’artista pittore e scrittore.
In queste opere, come anche in Parade, la scrittura come immagine e l’immagine vera e propria sono messe sullo stesso piano rendendo la superficie della tela luogo d’incontro tra lingue diverse, ma complementari.
Se la tela è il luogo metaforico d’incontro tra parole e immagini, L’atelier è il luogo fisico dove avviene questo fondamentale incontro, l’“abboccamento”, come può far supporre l’amo al centro della composizione.
L’atelier diventa così fucina di idee che si concretizzano in immagini e parole dove l’artista (la cui presenza è simboleggiata da un suo autoritratto come testa su un piedistallo) è quasi di stampo rinascimentale: una personalità poliedrica attiva su più fronti.
In mostra le opere dedicate ai maestri del passato, Michelangelo, La montagna Saint-Victoire, soggetto prediletto di Cézanne, tributo all’artista considerato il padre dell’arte moderna, in cui il paesaggio provenzale della montagna è rappresentato dall’angolo di una tela voltata, Le mani di Renoir, nell’instabilità del pennello e la sedia a rotelle sono forse un riferimento allo stato di salute del pittore francese durante l’ultimo periodo della sua vita, ma anche una metafora della condizione attuale della pittura.
Nelle opere della fine degli anni Settanta immagini e parole vivono sulla tela vite intrecciate, a volte in conflitto come in Natura morta con la parola fine a volte in modo complementare come in Culto.
La fusione dei due poli, scritto e pittorico, crea una fitta maglia di citazioni e allusioni che rendono difficile la decifrazione della pittura di Tadini il quale può essere considerato il più astratto dei pittori figurativi.
Nel ciclo Il posto dei piccoli valori, il testo lascia spazio ai piccoli oggetti che scandiscono la vita di ognuno: persi i grandi valori, Tadini evidenzia il significato che possono avere le piccole cose.
Con il ciclo Disordine di un corpo classico, agli oggetti, finora protagonisti, subentra la figura umana che non ha nulla di umano se non le fattezze stilizzate. Il manichino di Tadini presenta un’immagine diversa e ambigua del corpo che diventa mostruoso, di colore azzurrognolo, appiattito perchè rappresentato, quindi non reale.
La citazione dei classici è affidata ai frammenti di braccia e gambe, sparsi per la tela, che assumono vita propria come fossero reperti archeologici ritrovati e disposti in modo precario e “disordinato”.
La mostra è realizzata con la collaborazione della Provincia di Milano, Assessorato alla Cultura e delle Fondazioni Marconi e Mudima, dell'Accademia di Brera e dell'Archivio Emilio Tadini e con il patrocinio del Comune di Milano, Assessorato alla Cultura.
Per l'occasione, verrà stampato da Skira editore un volume di circa 304 pagine con un testo introduttivo di Vittorio Fagone e con un’ampia selezione di testi critici dell’epoca e successivi riguardanti l’opera di Tadini dagli inizi fino al 1985.
La fusione dei due poli, scritto e pittorico, crea una fitta maglia di citazioni e allusioni che rendono difficile la decifrazione della pittura di Tadini il quale può essere considerato il più astratto dei pittori figurativi.
Nel ciclo Il posto dei piccoli valori, il testo lascia spazio ai piccoli oggetti che scandiscono la vita di ognuno: persi i grandi valori, Tadini evidenzia il significato che possono avere le piccole cose.
Con il ciclo Disordine di un corpo classico, agli oggetti, finora protagonisti, subentra la figura umana che non ha nulla di umano se non le fattezze stilizzate. Il manichino di Tadini presenta un’immagine diversa e ambigua del corpo che diventa mostruoso, di colore azzurrognolo, appiattito perchè rappresentato, quindi non reale.
La citazione dei classici è affidata ai frammenti di braccia e gambe, sparsi per la tela, che assumono vita propria come fossero reperti archeologici ritrovati e disposti in modo precario e “disordinato”.
La mostra è realizzata con la collaborazione della Provincia di Milano, Assessorato alla Cultura e delle Fondazioni Marconi e Mudima, dell'Accademia di Brera e dell'Archivio Emilio Tadini e con il patrocinio del Comune di Milano, Assessorato alla Cultura.
Per l'occasione, verrà stampato da Skira editore un volume di circa 304 pagine con un testo introduttivo di Vittorio Fagone e con un’ampia selezione di testi critici dell’epoca e successivi riguardanti l’opera di Tadini dagli inizi fino al 1985.