Comunicato stampa
Gli Abitanti del Museo n. 4
Enrico Baj - Plastics
Inaugurazione: 11 novembre 2010
12 novembre – 23 dicembre 2010
Enrico Baj - Plastics
Inaugurazione: 11 novembre 2010
12 novembre – 23 dicembre 2010
La Fondazione Marconi presenta la mostra Enrico Baj – Plastiche, allestita sui due piani dello spazio espositivo.
La mostra vuole documentare la ricerca dell’artista sulle materie plastiche, dal 1963 al 1970.
Baj ha utilizzato da sempre materiali eterogenei per rompere gli schemi e per il suo interesse verso la materia e le sue infinite possibilità espressive.
Ha scritto di lui Tristan Sauvage: “Baj è un signore della materia”.
Le prime plastiche usate da Baj nel 1963 furono le mattonelle di “Lego”, gioco allora nuovissimo.
In seguito sperimentò tutti i materiali plastici: dal cloruro di potassio all’acetato di cellulosa, il polietilene, le foglie di PVC imbottite di resina espansa, non solo inserendo questi materiali all’interno dei suoi collages, ma realizzando opere interamente in plastica. Le prime plastiche furono esposte nel 1967 al 15° premio di Lissone e vennero presentate allo Studio Marconi nel febbraio del 1969.
La plastica è per Baj il materiale-simbolo della società industriale, derisa beffardamente dall’artista per l’uso indiscriminato e modaiolo di qualsivoglia novità.
“La mitologia del nuovo materiale è intaccata proprio con i nuovi materiali” (L. Caramel, 1969).
Nel contempo Baj manifesta una grande attrazione per questa materia trasparente e luminosa.
In mostra sono esposti personaggi grotteschi, buffi e risibili che hanno nomi impronunciabili e onomatopeici, riconducibili sia al dadaismo, sia al futurismo come Albmilalf (1968), Izzoighitalti (1968), Emsterkem (1969), protagonisti di un’ilare commedia che Baj mette in scena per prendere di mira la società dei consumi con i suoi comportamenti stereotipati, le sue leggi inalterabili e i suoi falsi miti.
Tra queste è esposto anche Punching General (1969) “...un multiplo, a grandezza d’uomo, (...). Una sorta di generale montato su una molla come un punching-ball, che io consigliavo alle forze dell’ordine di adottare affinché i contestatori, gli studenti del ’68, volendo scaricare il loro odio verso l’autorità costituita, fossero messi nella possibilità di prendere a pugni finalmente un generale”.
Espressione giocosa della passione antibellicista di Baj.
Tra i personaggi anche dei collages fatti con il “Lego”, materiale che rispondeva perfettamente al gusto ludico e combinatorio di Baj, realizzati per la mostra Visione Colore a Palazzo Grassi a Venezia nel 1963, con un forte rimando al gioco.
La mostra vuole documentare la ricerca dell’artista sulle materie plastiche, dal 1963 al 1970.
Baj ha utilizzato da sempre materiali eterogenei per rompere gli schemi e per il suo interesse verso la materia e le sue infinite possibilità espressive.
Ha scritto di lui Tristan Sauvage: “Baj è un signore della materia”.
Le prime plastiche usate da Baj nel 1963 furono le mattonelle di “Lego”, gioco allora nuovissimo.
In seguito sperimentò tutti i materiali plastici: dal cloruro di potassio all’acetato di cellulosa, il polietilene, le foglie di PVC imbottite di resina espansa, non solo inserendo questi materiali all’interno dei suoi collages, ma realizzando opere interamente in plastica. Le prime plastiche furono esposte nel 1967 al 15° premio di Lissone e vennero presentate allo Studio Marconi nel febbraio del 1969.
La plastica è per Baj il materiale-simbolo della società industriale, derisa beffardamente dall’artista per l’uso indiscriminato e modaiolo di qualsivoglia novità.
“La mitologia del nuovo materiale è intaccata proprio con i nuovi materiali” (L. Caramel, 1969).
Nel contempo Baj manifesta una grande attrazione per questa materia trasparente e luminosa.
In mostra sono esposti personaggi grotteschi, buffi e risibili che hanno nomi impronunciabili e onomatopeici, riconducibili sia al dadaismo, sia al futurismo come Albmilalf (1968), Izzoighitalti (1968), Emsterkem (1969), protagonisti di un’ilare commedia che Baj mette in scena per prendere di mira la società dei consumi con i suoi comportamenti stereotipati, le sue leggi inalterabili e i suoi falsi miti.
Tra queste è esposto anche Punching General (1969) “...un multiplo, a grandezza d’uomo, (...). Una sorta di generale montato su una molla come un punching-ball, che io consigliavo alle forze dell’ordine di adottare affinché i contestatori, gli studenti del ’68, volendo scaricare il loro odio verso l’autorità costituita, fossero messi nella possibilità di prendere a pugni finalmente un generale”.
Espressione giocosa della passione antibellicista di Baj.
Tra i personaggi anche dei collages fatti con il “Lego”, materiale che rispondeva perfettamente al gusto ludico e combinatorio di Baj, realizzati per la mostra Visione Colore a Palazzo Grassi a Venezia nel 1963, con un forte rimando al gioco.
Ma Baj rivolge anche la sua attenzione all’emblema dell’uomo moderno, la cravatta.
“Tutto il mondo si è piegato alla legge della cravatta. Per alcuni è un nodo scorsoio, per altri un fallo pendulo, per altri ancora la prosecuzione del cordone ombelicale... La cravatta è la decorazione preferita dall’uomo moderno, perchè sostituisce completamente medaglie e decori militari e civili. La cravatta è il migliore simbolo della società occidentale contemporanea”.
Tra le grandi cravatte di plastica è esposta la Cravatta di Jackson Pollock (1969), realizzata in celluloide a macchie di colori, omaggio all’action painting e allo spirito del pittore americano.
Nel 1963, proprio quando esplode la sua inclinazione ludica con la realizzazione di opere in “Lego” e in “Meccano”, Baj entra a far parte del Collège de Pataphysique de France in qualità di Reggente e Trascendente Satrapo.
Questo è un dato importante per comprendere la Weltanschauung anticonformista e ironica dell’artista.
La Patafisica è “la scienza delle soluzioni immaginarie”, una sorta di logica del paradosso, una reinvenzione delle leggi che stravolge i codici della società contemporanea.
Ma per Baj la Patafisica è stata non solo una teoria a cui aderire ma uno stile di vita e un modo di pensare.
L’ironia e l’irriverenza di questa scienza, costituiscono per Baj “gli anticorpi dell’uomo contemporaneo contro l’oppressione e la massificazione della burocrazia, dei codici fiscali, postali, telefonici, bancomatici, internettici, eccetera”.
Dopo le mostre dedicate a Valerio Adami, Emilio Tadini e Mimmo Rotella, Baj-Plastiche costituisce il quarto appuntamento del ciclo Gli Abitanti del museo. P
er l’occasione sarà pubblicato come di consueto il Quaderno della Fondazione Marconi n. 4, che riprende l’idea dei giornalini dello Studio Marconi degli anni Settanta, volto all’analisi di alcune delle opere in mostra attraverso una selezione di documenti dell’epoca e testi critici di Luciano Caramel, Enrico Crispolti e Guido Ballo.
“Tutto il mondo si è piegato alla legge della cravatta. Per alcuni è un nodo scorsoio, per altri un fallo pendulo, per altri ancora la prosecuzione del cordone ombelicale... La cravatta è la decorazione preferita dall’uomo moderno, perchè sostituisce completamente medaglie e decori militari e civili. La cravatta è il migliore simbolo della società occidentale contemporanea”.
Tra le grandi cravatte di plastica è esposta la Cravatta di Jackson Pollock (1969), realizzata in celluloide a macchie di colori, omaggio all’action painting e allo spirito del pittore americano.
Nel 1963, proprio quando esplode la sua inclinazione ludica con la realizzazione di opere in “Lego” e in “Meccano”, Baj entra a far parte del Collège de Pataphysique de France in qualità di Reggente e Trascendente Satrapo.
Questo è un dato importante per comprendere la Weltanschauung anticonformista e ironica dell’artista.
La Patafisica è “la scienza delle soluzioni immaginarie”, una sorta di logica del paradosso, una reinvenzione delle leggi che stravolge i codici della società contemporanea.
Ma per Baj la Patafisica è stata non solo una teoria a cui aderire ma uno stile di vita e un modo di pensare.
L’ironia e l’irriverenza di questa scienza, costituiscono per Baj “gli anticorpi dell’uomo contemporaneo contro l’oppressione e la massificazione della burocrazia, dei codici fiscali, postali, telefonici, bancomatici, internettici, eccetera”.
Dopo le mostre dedicate a Valerio Adami, Emilio Tadini e Mimmo Rotella, Baj-Plastiche costituisce il quarto appuntamento del ciclo Gli Abitanti del museo. P
er l’occasione sarà pubblicato come di consueto il Quaderno della Fondazione Marconi n. 4, che riprende l’idea dei giornalini dello Studio Marconi degli anni Settanta, volto all’analisi di alcune delle opere in mostra attraverso una selezione di documenti dell’epoca e testi critici di Luciano Caramel, Enrico Crispolti e Guido Ballo.