GianfrancoPARDI
Gianfranco Pardi. Poeticamente abita l'uomo...
02.2014–04.2014
Gianfranco Pardi. Poeticamente abita l'uomo...
02.2014–04.2014
1/10
Gianfranco Pardi
Architettura, 1973
Scultura in alluminio, acrilico e cavi di acciaio
110 x 200 x 18 cm
Architettura, 1973
Scultura in alluminio, acrilico e cavi di acciaio
110 x 200 x 18 cm
Comunicato stampa
Gianfranco Pardi
...Poeticamente abita l’uomo...
Inaugurazione: 27 febbraio 2014
28 febbraio – 10 aprile 2014
...Poeticamente abita l’uomo...
Inaugurazione: 27 febbraio 2014
28 febbraio – 10 aprile 2014
La Fondazione Marconi ha il piacere di presentare una mostra incentrata su alcune opere degli anni Settanta dell’artista milanese Gianfranco Pardi, a due anni dalla sua scomparsa.
L’intera opera di Pardi, di ambito strutturalista e concettuale, si basa sullo studio dello spazio e sul rapporto tra astrazione e costruzione.
La costante, che attraversa tutto il suo percorso artistico, è l’integrazione rigorosa di pittura, disegno e scultura.
La riflessione dell’artista sull’architettura inizia già a partire dalla fine degli anni Sessanta, con le prime raffigurazioni di interni ed esterni architettonici e successivamente con lavori chiamati, appunto, “architetture”.
"Quando lavoro attorno a un problema specifico che chiamo 'architettura', so di non parlare della architettura e so che il mio lavoro non agisce nel senso di produrre una sorta di astratta architettura. Eppure tutto il mio lavoro, da tempo, si istituisce espressamente attorno al senso di questo problema."
Con “architettura” Pardi vuole intendere una modalità, un processo creativo, un mezzo attraverso il quale potersi concentrare sulle possibilità costruttive della forma, su esperienze plastiche, che evidentemente rimandano alle utopie dell’avanguardia, al suprematismo e al costruttivismo russi e al neoplasticismo olandese.
La rilettura di Malevič, Tatlin, El Lisitzky e di altri protagonisti di quei movimenti, permette all’artista di cogliere gli elementi ancora vitali di quelle esperienze artistiche, facendone uno dei protagonisti e interlocutori più qualificati nelle vicende della pittura e scultura contemporanee.
In quest’ottica si collocano la serie di progetti-studi realizzati con tecnica mista su carta Poeticamente abita lʼuomo e l’installazione dallo stesso titolo, tratto da un verso del poeta tedesco Friedrich Hölderlin.
L’intera opera di Pardi, di ambito strutturalista e concettuale, si basa sullo studio dello spazio e sul rapporto tra astrazione e costruzione.
La costante, che attraversa tutto il suo percorso artistico, è l’integrazione rigorosa di pittura, disegno e scultura.
La riflessione dell’artista sull’architettura inizia già a partire dalla fine degli anni Sessanta, con le prime raffigurazioni di interni ed esterni architettonici e successivamente con lavori chiamati, appunto, “architetture”.
"Quando lavoro attorno a un problema specifico che chiamo 'architettura', so di non parlare della architettura e so che il mio lavoro non agisce nel senso di produrre una sorta di astratta architettura. Eppure tutto il mio lavoro, da tempo, si istituisce espressamente attorno al senso di questo problema."
Con “architettura” Pardi vuole intendere una modalità, un processo creativo, un mezzo attraverso il quale potersi concentrare sulle possibilità costruttive della forma, su esperienze plastiche, che evidentemente rimandano alle utopie dell’avanguardia, al suprematismo e al costruttivismo russi e al neoplasticismo olandese.
La rilettura di Malevič, Tatlin, El Lisitzky e di altri protagonisti di quei movimenti, permette all’artista di cogliere gli elementi ancora vitali di quelle esperienze artistiche, facendone uno dei protagonisti e interlocutori più qualificati nelle vicende della pittura e scultura contemporanee.
In quest’ottica si collocano la serie di progetti-studi realizzati con tecnica mista su carta Poeticamente abita lʼuomo e l’installazione dallo stesso titolo, tratto da un verso del poeta tedesco Friedrich Hölderlin.
Concepita da Pardi nel 1977, l’installazione, esposta al primo piano della Fondazione, è complessa per riferimenti ed elaborazioni ma di rigorosa semplicità formale.
Presentata per la prima volta in una mostra personale allo Studio Marconi nel 1978, nasce da una riflessione sulla casa che il filosofo e ingegnere austriaco Ludwig Wittgenstein costruì a Vienna per la sorella nella seconda metà degli anni Venti.
"Questo lavoro (il mio lavoro intorno a quel lavoro) proprio mentre pretende di avere afferrato un senso nel suo percorso, si apre improvvisamente a nuove ipotesi…"
Qui “Pardi si applica alla decifrazione della misura delle tre porte che si aprono nel salone della casa Stonborough, con un furore decrittatorio che evoca altre analoghe ossessioni tematiche e poetiche di pittori come Monet, Cézanne e altri” – scrive Bruno Corà nel catalogo Gianfranco Pardi Opere 1970/77, realizzando – “…una doppia proficua meditazione sulla struttura della forma e sul pensiero del filosofo viennese”.
Al secondo piano della Fondazione è esposta una parte molto significativa della biografia artistica di Pardi, dedicata ad alcune Architetture che vanno dal 1972 al 1975.
È qui particolarmente evidente il connubio di pittura e scultura, cui si aggiungono e sovrappongono elementi come cavi e tensori.
Tra queste citiamo Architettura del 1975 e Sistema del 1976.
La prima, realizzata con una struttura di ferro, cavi d’acciaio e segni di matita direttamente su muro, riesce a coniugare la smaterializzazione estrema dell’oggetto a una sua presenza inequivocabile.
Il ferro, sospeso nella leggerezza dei cavi e dei segni di matita sul muro, accade continuamente sotto il nostro sguardo, il suo esserci non sembra mai coagularsi in una stabilità definitiva.
Sistema invece, composto di più elementi, è un modello che si ripete uguale e differente, da cui traspare la consueta poesia che Pardi sa trarre da strutture in ferro e cavi d’acciaio e che riafferma la duplicità della sua natura: fisica e fenomenica, ideale e mentale.
In occasione della mostra viene dedicato a Gianfranco Pardi il Quaderno della Fondazione Marconi n. 12 con alcune immagini delle opere esposte, un testo di Bruno Corà, una selezione degli scritti dell’artista e le sue note biografiche.
Presentata per la prima volta in una mostra personale allo Studio Marconi nel 1978, nasce da una riflessione sulla casa che il filosofo e ingegnere austriaco Ludwig Wittgenstein costruì a Vienna per la sorella nella seconda metà degli anni Venti.
"Questo lavoro (il mio lavoro intorno a quel lavoro) proprio mentre pretende di avere afferrato un senso nel suo percorso, si apre improvvisamente a nuove ipotesi…"
Qui “Pardi si applica alla decifrazione della misura delle tre porte che si aprono nel salone della casa Stonborough, con un furore decrittatorio che evoca altre analoghe ossessioni tematiche e poetiche di pittori come Monet, Cézanne e altri” – scrive Bruno Corà nel catalogo Gianfranco Pardi Opere 1970/77, realizzando – “…una doppia proficua meditazione sulla struttura della forma e sul pensiero del filosofo viennese”.
Al secondo piano della Fondazione è esposta una parte molto significativa della biografia artistica di Pardi, dedicata ad alcune Architetture che vanno dal 1972 al 1975.
È qui particolarmente evidente il connubio di pittura e scultura, cui si aggiungono e sovrappongono elementi come cavi e tensori.
Tra queste citiamo Architettura del 1975 e Sistema del 1976.
La prima, realizzata con una struttura di ferro, cavi d’acciaio e segni di matita direttamente su muro, riesce a coniugare la smaterializzazione estrema dell’oggetto a una sua presenza inequivocabile.
Il ferro, sospeso nella leggerezza dei cavi e dei segni di matita sul muro, accade continuamente sotto il nostro sguardo, il suo esserci non sembra mai coagularsi in una stabilità definitiva.
Sistema invece, composto di più elementi, è un modello che si ripete uguale e differente, da cui traspare la consueta poesia che Pardi sa trarre da strutture in ferro e cavi d’acciaio e che riafferma la duplicità della sua natura: fisica e fenomenica, ideale e mentale.
In occasione della mostra viene dedicato a Gianfranco Pardi il Quaderno della Fondazione Marconi n. 12 con alcune immagini delle opere esposte, un testo di Bruno Corà, una selezione degli scritti dell’artista e le sue note biografiche.