BrunoDI BELLO
Bruno Di Bello. Opere del Novecento e del Duemila
05.2018–07.2018
Bruno Di Bello. Opere del Novecento e del Duemila
05.2018–07.2018
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Bruno Di Bello, Installation view, Opere del Novecento e del Duemila, Fondazione Marconi, Milano, 2018
BrunoDI BELLO
Comunicato stampa
Bruno Di Bello
Opere del Novecento e del Duemila
Inaugurazione: 22 maggio 2018
23 maggio – 27 luglio 2018
Opere del Novecento e del Duemila
Inaugurazione: 22 maggio 2018
23 maggio – 27 luglio 2018
Bruno Di Bello torna protagonista alla Fondazione Marconi con una mostra che mette a confronto opere degli anni Settanta e Ottanta, eseguite con tecniche foto/grafiche, con lavori degli ultimi anni, tra cui figurano i grandi trittici del 2016 e 2017, realizzati al computer e stampati su tela Fine Art, esposti l’anno scorso al Museo Archeologico di Napoli.
“Vedo questa nuova fase dell’opera di Di Bello fortemente protesa con lo Zeitgeist iniziale di questo terzo millennio, eppure in realtà connessa anche con quella giovanile in cui un’analisi costante permeava l’esercizio costruttivo della forma e dell’immagine… Dove l’occhio e la mente di Di Bello riaffiorano con il medesimo vigore inalterato dell’artista esploratore e trovatore di altri ‘luoghi’ e nuova bellezza.” (B. Corà, “Immagini del III millennio”, in Bruno Di Bello Frattali e altro, Fondazione Marconi, 2015)
Nasce da queste parole, pronunciate dal critico Bruno Corà in occasione dell’ultima personale dell’artista alla Fondazione Marconi nel 2015, l’idea della mostra dedicata a Bruno Di Bello in occasione dei suoi ottant’anni.
Saranno infatti esposti, sui quattro piani della Fondazione, lavori che mostrano temi e procedimenti che, pur nei differenti linguaggi, materiali e tecniche che l’artista ha sperimentato nel tempo, ancora ricorrono nel suo lavoro creativo.
L’allestimento prevede che opere storiche come Ritratto di Paul Klee del 1968 , Zen del 1972, Mandala III del 1975, le serie dei Segni di luce e delle spirali vengano affiancate ad esiti più recenti per mettere in evidenza come di fatto tra passato e presente esistano certamente delle analogie, non immediatamente evidenti, bensì sotterranee.
“Una di queste – dice lo stesso artista – è il procedimento di una forma che si autogenera… Forme che derivano dalla messa in moto di un meccanismo tecnologico utilizzato in maniera ‘sensibile’.”
“Vedo questa nuova fase dell’opera di Di Bello fortemente protesa con lo Zeitgeist iniziale di questo terzo millennio, eppure in realtà connessa anche con quella giovanile in cui un’analisi costante permeava l’esercizio costruttivo della forma e dell’immagine… Dove l’occhio e la mente di Di Bello riaffiorano con il medesimo vigore inalterato dell’artista esploratore e trovatore di altri ‘luoghi’ e nuova bellezza.” (B. Corà, “Immagini del III millennio”, in Bruno Di Bello Frattali e altro, Fondazione Marconi, 2015)
Nasce da queste parole, pronunciate dal critico Bruno Corà in occasione dell’ultima personale dell’artista alla Fondazione Marconi nel 2015, l’idea della mostra dedicata a Bruno Di Bello in occasione dei suoi ottant’anni.
Saranno infatti esposti, sui quattro piani della Fondazione, lavori che mostrano temi e procedimenti che, pur nei differenti linguaggi, materiali e tecniche che l’artista ha sperimentato nel tempo, ancora ricorrono nel suo lavoro creativo.
L’allestimento prevede che opere storiche come Ritratto di Paul Klee del 1968 , Zen del 1972, Mandala III del 1975, le serie dei Segni di luce e delle spirali vengano affiancate ad esiti più recenti per mettere in evidenza come di fatto tra passato e presente esistano certamente delle analogie, non immediatamente evidenti, bensì sotterranee.
“Una di queste – dice lo stesso artista – è il procedimento di una forma che si autogenera… Forme che derivano dalla messa in moto di un meccanismo tecnologico utilizzato in maniera ‘sensibile’.”
Dopo aver fatto il suo ingresso nel panorama artistico aderendo al Gruppo ’58 di Napoli, Di Bello si trasferisce a Milano dove dà una svolta alla sua attività realizzando indagini sulle possibilità di scomposizione dell’immagine che attua attraverso l’uso della fotografia.
Mezzo preferito dall’artista è la tela fotosensibile su cui l’immagine viene catturata, scomposta, analizzata, per poi ricomporsi davanti allo sguardo dello spettatore.
Segue una ricerca che continua l’operazione di scomposizione lavorando su parole/concetti di cui si perde e si ritrova di volta in volta il senso.
Nel corso degli anni sperimenta poi l’uso della luce che “scrive” direttamente sul materiale fotografico e si dedica, già dalla fine degli anni Ottanta, allo studio delle nuove tecnologie, in particolare della fotografia digitale, che gli permette di diventare nel frattempo padrone di conoscenze nel campo delle tecniche di creazione ed elaborazione dell’immagine al computer.
“Sono convinto che riusciremo a trovare un linguaggio veramente di avanguardia solo attraverso un uso competente ed esperto delle tecnologie digitali…”
È quanto dichiara Bruno Di Bello in un’intervista all’inizio del 2000.
Bruno Corà così commenta questa affermazione nel testo redatto in occasione della mostra del 2015 alla Fondazione Marconi: “Ebbene, tra gli artisti che si sono posti questo obiettivo, egli risulta essere sicuramente tra i più credibili e autorevoli.” E aggiunge: “Non solo perché ha dato, da quel tempo, precise e coerenti prove di un’attitudine distintiva a sperimentare una semiologia tecnologica da lui stesso introdotta nelle proprie opere, attraverso l’impiego della fotografia o l’uso della luce in modi inusuali, ma poiché, già dalla seconda metà degli anni Sessanta, Di Bello aveva avviato quel processo scompositivo, decostruttivo e ricompositivo dell’immagine che, a base di griglie a struttura quadrata, ha preluso alla visualità della tecnologia digitale.”
Mezzo preferito dall’artista è la tela fotosensibile su cui l’immagine viene catturata, scomposta, analizzata, per poi ricomporsi davanti allo sguardo dello spettatore.
Segue una ricerca che continua l’operazione di scomposizione lavorando su parole/concetti di cui si perde e si ritrova di volta in volta il senso.
Nel corso degli anni sperimenta poi l’uso della luce che “scrive” direttamente sul materiale fotografico e si dedica, già dalla fine degli anni Ottanta, allo studio delle nuove tecnologie, in particolare della fotografia digitale, che gli permette di diventare nel frattempo padrone di conoscenze nel campo delle tecniche di creazione ed elaborazione dell’immagine al computer.
“Sono convinto che riusciremo a trovare un linguaggio veramente di avanguardia solo attraverso un uso competente ed esperto delle tecnologie digitali…”
È quanto dichiara Bruno Di Bello in un’intervista all’inizio del 2000.
Bruno Corà così commenta questa affermazione nel testo redatto in occasione della mostra del 2015 alla Fondazione Marconi: “Ebbene, tra gli artisti che si sono posti questo obiettivo, egli risulta essere sicuramente tra i più credibili e autorevoli.” E aggiunge: “Non solo perché ha dato, da quel tempo, precise e coerenti prove di un’attitudine distintiva a sperimentare una semiologia tecnologica da lui stesso introdotta nelle proprie opere, attraverso l’impiego della fotografia o l’uso della luce in modi inusuali, ma poiché, già dalla seconda metà degli anni Sessanta, Di Bello aveva avviato quel processo scompositivo, decostruttivo e ricompositivo dell’immagine che, a base di griglie a struttura quadrata, ha preluso alla visualità della tecnologia digitale.”