GiuseppeUNCINI
Biografia
Fortemente attratto dal processo di costruzione, Giuseppe Uncini conduce una complessa e originale ricerca, ponendo particolare attenzione all’uso del cemento armato e del ferro: materiali che gli permettono di fondere magistralmente la forma, il disegno, il progetto e lo spazio.
Giuseppe Uncini nasce a Fabriano nel 1929. Dopo gli esordi nella sua città natale, nel 1953, si trasferisce a Roma dove entra in contatto con alcune figure dell’arte italiana e internazionale residenti nella capitale (Edgardo Mannucci, Giuseppe Capogrossi, Afro e Mirko Basaldella, Alberto Burri, Corrado Cagli).
Nel 1955 partecipa alla VII Quadriennale di Roma a Palazzo delle Esposizioni e, due anni dopo, espone per la prima volta in Germania, a Francoforte sul Meno, alla collettiva Abstrakte Italienische Kunst.
Nel 1956-57 inizia il ciclo di opere Terre, tavole realizzate con tufi, sabbia, cenere e pigmenti colorati.
Ma la svolta nell’evoluzione artistica di Uncini si ha con la creazione, tra il 1957 e il 1958, dei primi Cementarmati, opere realizzate con ferro, cemento e rete metallica che lasciano intravedere la struttura portante del loro farsi, in contrasto con le superfici compatte e ruvide del cemento.
Si susseguono alcune mostre che vedono riunita, ad opera dell’azione di Emilio Villa e successivamente di Pierre Restany, la cosiddetta Scuola di Piazza del Popolo: Giuseppe Uncini, Tano Festa, Francesco Lo Savio, Franco Angeli e Mario Schifano.
Ma la prima importante personale, con i “cementarmati” è del 1961 alla Galleria L’Attico di Roma.
Nel 1963 si ufficializza la fondazione del Gruppo Uno con Giuseppe Uncini, Gastone Biggi, Nicola Carrino, Nato Frascà, Achille Pace e Pasquale Santoro che terranno una serie di esposizioni e pubblicheranno un manifesto che ne spiega la poetica. Giulio Carlo Argan fu uno dei più convinti sostenitori del Gruppo Uno che, scioltosi nel 1967, contrapponeva alla ricerca dell’informale, l’idea di un’arte legata alla teoria della percezione, suggerendo la diversa funzione dell’artista nella società.
La ricerca di Uncini annovera dal 1962 al 1965 i Ferrocementi, dove il cemento, estremamente levigato, ha nel tondino di ferro il vero protagonista e la linea di continuità tra il limite esterno e le parti interne dell’opera.
Segue nel 1965 il gruppo di lavori Strutturespazio, che saranno poi presenti alla XXXIII Biennale di Venezia del 1966. A partire dal 1967 e con progressivo impegno Uncini sviluppa nel 1968 il suo interesse per l’entità e la funzione dell’ombra, che a lungo lo accompagnerà nella realizzazione delle sue opere.
Proprio in quell’anno Palma Bucarelli gli commissiona la Porta aperta con ombra che sarà esposta a divisione di due ambienti nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.
Gli incontri con la Galleria Christian Stein a Torino (personali nel 1968, 1971 e 1975) e con lo Studio Marconi a Milano (personali nel 1973,1976, 1980 e 1995) segnano tappe importanti nella carriera dell’artista. Nasce poi tra il 1969 e il 1972 la serie dei Mattoni e tra il 1972 e il 1978 la serie delle Ombre, in cui ogni struttura dialoga e si confronta con la propria ombra, anch’essa costruita e resa volume perfino autonomo.
Gli anni Ottanta sono segnati dalla Dimore, superfici che danno l’idea di un paesaggio architettonico: edifici, porte, finestre, soglie e la loro ombra. Nel 1984 Uncini è ancora invitato alla Biennale di Venezia con una sala personale. Nel 1990 partecipa alla rassegna L’altra scultura a Madrid, Barcellona e Darmstadt con il nuovo ciclo Spazi di ferro. Nel 1994, con le opere Spazicemento, Uncini inizia la collaborazione con la Galleria Fumagalli di Bergamo.
Prosegue il suo lavoro con la serie dei Muri di cemento. Nel 1999 espone al PS1 di New York in Minimalia, nel 2001 un’importante retrospettiva sul lavoro di Uncini si tiene alla Städtische Kunsthalle di Mannheim.
Nel Settembre del 2002 sono allestite due importanti personali a Milano, alla Galleria Christian Stein e alla Galleria Giò Marconi, mentre a cavallo tra il 2002 e il 2003, la Galleria Fumagalli di Bergamo, accanto ad alcuni pezzi storici, propone una serie di gioielli realizzati con la tecnica della fusione a cera persa.
Dal 2004 prosegue il suo lavoro con le Architetture. Nel 2007 si allestiscono in contemporanea tre diverse personali alla Fondazione Marconi, Gallerie Christian Stein di Milano e alla Galleria Fumagalli di Bergamo.
Nel 2008, in occasione della Fiera di Bologna, viene presentato al pubblico il Catalogo Ragionato dell’Opera di Giuseppe Uncini, a cura di Bruno Corà. Lo stesso anno inizia il nuovo ciclo Artifici e gli viene commissionata una importante opera per il Parco delle Sculture del Mart di Rovereto e nel contempo inizia a lavorare al progetto per la mostra antologica itinerante che si terrà tra il 2008 e il 2009 allo ZKM di Karlsruhe, al Mart di Rovereto e al Landesmuseum Johanneum di Graz.
Nella notte del 31 marzo 2008, a 79 anni, Uncini si spegne improvvisamente nella sua casa-studio di Trevi, in Umbria.
Una serie di mostre in Italia ne celebrano l’opera con significati personali (Foligno, Lucca, Milano). Nel 2019 la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma gli dedica una retrospettiva antologica curata da Giuseppe Appella cui seguono a breve distanza una personale alla Fondazione Marconi e le collettive del MART di Rovereto e della GAM di Torino.
Giuseppe Uncini nasce a Fabriano nel 1929. Dopo gli esordi nella sua città natale, nel 1953, si trasferisce a Roma dove entra in contatto con alcune figure dell’arte italiana e internazionale residenti nella capitale (Edgardo Mannucci, Giuseppe Capogrossi, Afro e Mirko Basaldella, Alberto Burri, Corrado Cagli).
Nel 1955 partecipa alla VII Quadriennale di Roma a Palazzo delle Esposizioni e, due anni dopo, espone per la prima volta in Germania, a Francoforte sul Meno, alla collettiva Abstrakte Italienische Kunst.
Nel 1956-57 inizia il ciclo di opere Terre, tavole realizzate con tufi, sabbia, cenere e pigmenti colorati.
Ma la svolta nell’evoluzione artistica di Uncini si ha con la creazione, tra il 1957 e il 1958, dei primi Cementarmati, opere realizzate con ferro, cemento e rete metallica che lasciano intravedere la struttura portante del loro farsi, in contrasto con le superfici compatte e ruvide del cemento.
Si susseguono alcune mostre che vedono riunita, ad opera dell’azione di Emilio Villa e successivamente di Pierre Restany, la cosiddetta Scuola di Piazza del Popolo: Giuseppe Uncini, Tano Festa, Francesco Lo Savio, Franco Angeli e Mario Schifano.
Ma la prima importante personale, con i “cementarmati” è del 1961 alla Galleria L’Attico di Roma.
Nel 1963 si ufficializza la fondazione del Gruppo Uno con Giuseppe Uncini, Gastone Biggi, Nicola Carrino, Nato Frascà, Achille Pace e Pasquale Santoro che terranno una serie di esposizioni e pubblicheranno un manifesto che ne spiega la poetica. Giulio Carlo Argan fu uno dei più convinti sostenitori del Gruppo Uno che, scioltosi nel 1967, contrapponeva alla ricerca dell’informale, l’idea di un’arte legata alla teoria della percezione, suggerendo la diversa funzione dell’artista nella società.
La ricerca di Uncini annovera dal 1962 al 1965 i Ferrocementi, dove il cemento, estremamente levigato, ha nel tondino di ferro il vero protagonista e la linea di continuità tra il limite esterno e le parti interne dell’opera.
Segue nel 1965 il gruppo di lavori Strutturespazio, che saranno poi presenti alla XXXIII Biennale di Venezia del 1966. A partire dal 1967 e con progressivo impegno Uncini sviluppa nel 1968 il suo interesse per l’entità e la funzione dell’ombra, che a lungo lo accompagnerà nella realizzazione delle sue opere.
Proprio in quell’anno Palma Bucarelli gli commissiona la Porta aperta con ombra che sarà esposta a divisione di due ambienti nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.
Gli incontri con la Galleria Christian Stein a Torino (personali nel 1968, 1971 e 1975) e con lo Studio Marconi a Milano (personali nel 1973,1976, 1980 e 1995) segnano tappe importanti nella carriera dell’artista. Nasce poi tra il 1969 e il 1972 la serie dei Mattoni e tra il 1972 e il 1978 la serie delle Ombre, in cui ogni struttura dialoga e si confronta con la propria ombra, anch’essa costruita e resa volume perfino autonomo.
Gli anni Ottanta sono segnati dalla Dimore, superfici che danno l’idea di un paesaggio architettonico: edifici, porte, finestre, soglie e la loro ombra. Nel 1984 Uncini è ancora invitato alla Biennale di Venezia con una sala personale. Nel 1990 partecipa alla rassegna L’altra scultura a Madrid, Barcellona e Darmstadt con il nuovo ciclo Spazi di ferro. Nel 1994, con le opere Spazicemento, Uncini inizia la collaborazione con la Galleria Fumagalli di Bergamo.
Prosegue il suo lavoro con la serie dei Muri di cemento. Nel 1999 espone al PS1 di New York in Minimalia, nel 2001 un’importante retrospettiva sul lavoro di Uncini si tiene alla Städtische Kunsthalle di Mannheim.
Nel Settembre del 2002 sono allestite due importanti personali a Milano, alla Galleria Christian Stein e alla Galleria Giò Marconi, mentre a cavallo tra il 2002 e il 2003, la Galleria Fumagalli di Bergamo, accanto ad alcuni pezzi storici, propone una serie di gioielli realizzati con la tecnica della fusione a cera persa.
Dal 2004 prosegue il suo lavoro con le Architetture. Nel 2007 si allestiscono in contemporanea tre diverse personali alla Fondazione Marconi, Gallerie Christian Stein di Milano e alla Galleria Fumagalli di Bergamo.
Nel 2008, in occasione della Fiera di Bologna, viene presentato al pubblico il Catalogo Ragionato dell’Opera di Giuseppe Uncini, a cura di Bruno Corà. Lo stesso anno inizia il nuovo ciclo Artifici e gli viene commissionata una importante opera per il Parco delle Sculture del Mart di Rovereto e nel contempo inizia a lavorare al progetto per la mostra antologica itinerante che si terrà tra il 2008 e il 2009 allo ZKM di Karlsruhe, al Mart di Rovereto e al Landesmuseum Johanneum di Graz.
Nella notte del 31 marzo 2008, a 79 anni, Uncini si spegne improvvisamente nella sua casa-studio di Trevi, in Umbria.
Una serie di mostre in Italia ne celebrano l’opera con significati personali (Foligno, Lucca, Milano). Nel 2019 la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma gli dedica una retrospettiva antologica curata da Giuseppe Appella cui seguono a breve distanza una personale alla Fondazione Marconi e le collettive del MART di Rovereto e della GAM di Torino.